Il legno, insieme alla pietra, sono i primi materiali che l’essere umano abbia mai conosciuto e lavorato: per mezzo di esso sono stati costruiti i primi utensili, abitazioni, e, con la scoperta del fuoco, l’uomo ha potuto scaldarsi.
Anche oggi, la civiltà contemporanea lo utilizza per gli stessi scopi.
Le caratteristiche principali del legno: conoscerlo per lavorarlo meglio
Ciascun legno ha caratteristiche proprie e, sebbene molti si presentano con colori e sfumature simili, ogni pianta è diversa anche se appartiene alla stessa specie; ogni punto della stessa pianta, poi, differisce dagli altri ed è questa la sua prima importante caratteristica: l’eterogeneità e, ancora più nello specifico, l’anisotropia, cioè la sua diversità lungo una direzione del piano (trasversale, radiale, tangenziale).
Da un punto di vista botanico gli alberi possono essere divisi in due macro specie: i legni di conifera e le latifoglie.
Al primo gruppo appartengono gli alberi che hanno aghi al posto delle foglie larghe e che, per lo più, non cadono durante l’inverno, con frutti caratteristici a forma di cono: tra i più comuni ci sono il pino, l’abete, il tasso e il cipresso.
Le latifoglie invece presentato foglie più larghe che, solitamente, perdono durante la stagione più fredda se crescono in zone con clima temperato, come la quercia o il castagno.
Legni dolci e legni forti
Commercialmente, il legname proveniente da i legni di conifera è considerato tenero o dolce, mentre quello delle latifoglie, invece, duro o forte.
Si tratta tuttavia di una distinzione impropria e potenzialmente forviante se consideriamo proprio la durezza del legno: alcune conifere, come ad esempio il tasso, sono più dure di altre specie di latifoglie e quindi non si deve considerare come parametro esclusivo per la scelta del legname.
Sempre da un punto di vista commerciale, inoltre, il legname di latifoglie è considerato grossolano, mentre quello da frutto (ciliegio, ulivo, pero, acero, ecc.) è chiamato fine.
I legni dolci sono formati da cellule chiamate tracheidi, molto corte: attraverso le loro pareti scorrono acqua e le sostanze nutritive.
I legni duri, invece, sono costituiti da lunghi vasi tubolari che consentono la risalita dell’acqua dalle radici, e da raggi midollari che distribuiscono il nutrimento in senso radiale (dal centro verso l’esterno).
Le proprietà fisiche
La resistenza del legno è la sua capacità di combattere le forze dovute a sollecitazioni esterne, meccaniche o atmosferiche.
La parte del tronco più resistente è la sua sezione radiale, quella che espone la venatura lungo la superficie più ampia della tavola, quella più debole, al contrario, è sul lato perpendicolare alla venatura.
La densità esprime il rapporto massa/volume di ogni specie legnosa: a volte è anche espressa come compattezza, ed è un parametro molto importante quando bisogna scegliere un tipo di legno che deve essere sottoposto a carichi strutturali importanti, che, solitamente, non dovrebbe essere inferiore a 600 Kg/mc.
La durezza è la capacita di una materiale ad essere penetrato da un corpo esterno, nel caso del legno si traduce nella capacità ad essere tagliato e lavorato.
I legni molto duri sono maggiormente resistenti alla compressione rispetto a quelli teneri.
La rigidezza, infine, esprime la capacità del legno ad essere curvato.
Si potrebbe apparentemente pensare che un legno tenero sia più facile da curvare rispetto ad uno duro, tuttavia il parametro più importante è rappresentato dalla distribuzione delle fibre: più queste sono rettilinee e parallele maggiore sarà la sua capacità ad essere curvato.
I fattori che influenzano maggiormente le proprietà fisiche del legno sono quelli ambientali, in particolare l’umidità.
La stagionatura
Tra le caratteristiche principali del legno vi è l’igroscopia, cioè la sua capacità di cedere o acquisire umidità dall’esterno attraverso i suoi pori.
Una pianta viva può contenere al suo interno un grado di umidità superiore del 100% rispetto al suo peso (secco), sia in forma di vapore che liquida trasportata mediante il suo sistema cellulare.
Quando viene abbattuta, la pianta rilascia gradualmente umidità verso l’esterno, con una conseguente perdita di peso ma non di volume.
Attorno alla soglia del 30%, chiamata punto di saturazione delle fibre, inizierà un lenta ma progressiva perdita anche di volume, fenomeno di considerevole importanza chiamato ritiro.
La stagionatura del legno parte dal tavolame già segato e può avvenire per mezzo di specifici essiccatoi che riescono a portare il valore di umidità contenuta a valori molto bassi (6%), oppure esposto all’aria naturale, dove ciascuna tavola viene impilata una sull’altra e interposta da alcuni listelli per permettere una stagionatura uniforme su entrambe le superfici.
Il processo naturale di stagionatura a contatto con l’aria è molto lento: a volte servono anche un paio di anni per raggiungere un equilibrio di umidità con l’ambiente esterno con valori di circa il 12-15%.
Un legno essiccato è generalmente più resistente rispetto a quello verde, si deteriora meno, è più stabile e, per i motivi sopra indicati, anche più leggero.
Per questi motivi, nella scelta del nostro legname per la costruzione di qualsiasi oggetto, è sempre preferibile partire da una migliore condizione possibile.
ottimo articolo breve e chiaro